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mercoledì 19 maggio 2010

Ultimo post

Ciao ragazzotti!
Come ben saprete dopo queste prime parole, sono tornato a casa! 
Ora sapete! Andate e divulgate il verbo in giro per il mondo! 
Eh sì! La mia esperienza nel continente nuovissimo si è conclusa ufficialmente il 15 Maggio 2010, dopo sei mesi e due giorni.
Torno e mi è sembrato di tornare dopo una vacanza (ecco, magari una lunga vacanza…). 
Insomma, non è cambiato nulla: la casa è uguale, i parenti sono uguali, i paesi sono uguali, il Got e la Katia non rispondono ai messaggi…insomma, tutto uguale a come l'avevo lasciato.
Tanti mi chiedono se mi è dispiaciuto tornare…non è dispiacere la sensazione che ho provato nel tornare. E' stata un'esperienza fantastica che mi ha dato tanto ma non sono andato là per stabilirmi, per cui prima o dopo doveva finire. Certo, lì si stava bene…ma era dovuto al fatto che vivevo con la leggerezza di uno che sa che non ha obiettivi "materiali" da raggiungere. Non dovevo farmi una famiglia, fare soldi, trovare un lavoro serio etc etc. Certo, avevo magari altre rognette cui pensare ma in generale era un po' come vivere in vacanza. Sai che prima o poi finisce.
Detto questo passiamo al bilancio energetico di questa esperienza, così rientro nell'ordine delle idee di trovarmi un lavoro come ingegnere meccanico (figurarsi che voglia che ho…ieri sono andato in assicurazione e mi è venuta la depressione a vedere le povere impiegate che si arrabattavano dietro allo schermo…). Considerando questa esperienza come un sistema chiuso, ed evitando di considerare perdite, possiamo dire che:
∆U= Q - L
Cioè, la differenza di energia interna (del volume considerato, cioè il mio corpicione) è data dalla differenza fra la quantità di cose che ho ricevuto da questa esperienza Q e il lavoro fornito al sistema per ottenere queste cose, L.
Come da convenzione, Q è positivo se fornito al sistema e L è positivo se fornito dal sistema (il mio corpicione) all'ambiente.
Evito la trattazione in termini di entalpia perché so che non vi piace la parola.
Ma passiamo al dettaglio di questi addendi.
Cosa mi ha dato questa esperienza? Mi sono scontrato con una varietà di culture che non abbiamo qua in Italia, ho vissuto con una famiglia fantastica, quale è la famiglia Zavan, ho imparicchiato un po' di inglese, mi sono fatto i miei giretti turistici, ho imparato a fare il banana bread e la greek salad, ho visto che in giro ci sono parecchi sbombardati, ho imparato a trovarmi da solo in mezzo a terra e lingua straniera, ho maledetto l'inglese, ho benedetto l'inglese, ho vissuto con leggerezza, ho fatto un'esperienza di lavoro all'estero, ho mangiato canguro, ho visto i koala, ho guidato a destra, ho fatto il bagno nell'oceano, ho visto animali pericolosi, mi son fatto un paio di amici in più (uno adesso è suddito di Re Tuvapalu Giorgio V)…e tante altre cose che non listo per amore del risparmio energetico. Diamo un numero? Lo diamo? Uhmmmm…diciamo 19? Facciamo 19, dai.
Che lavoro ha prodotto il mio corpicione verso l'ambiente esterno? Molto poco. La mia presenza in Oz non ha apportato molte modifiche alla cultura e allo stile di vita Aussie. Diciamo che l'unica cosa da registrare è la nuova ricetta per il banana bread con scaglie di cioccolato. Diamo un numero? Diciamo 1.
Quindi la formula porgerebbe 18. Non so quale sia l'unità di misura ma è pur sempre maggiore di zero.
Tutto questo mi sembra incredibilmente demente. Non trovate?
Mi dispiace sapete non scrivere più su questo blog…ho scoperto che mi piace scrivere. Soprattutto cose demenziali.
Un saluto a tutti quelli che mi hanno seguito, a quanti volevano lasciare un commento ma non trovavano il pulsante (mia sorella, per esempio), a quanti hanno commentato, a quelli che si sono divertiti leggendo, a quelli che forse, magari, un po' hanno sognato…

giovedì 13 maggio 2010

Il fuori programma

Ma veniamo al fuoriprogramma di stamattina...il piano era: guardare Uluru all'alba, fare il 'base walk' e ripartire alla volta di Alice con un paio di soste turistiche e una sosta per il pranzo.
Ieri Tom ci aveva detto che l'indomani non avremmo fatto l'intero circuito poiché non avremmo fatto in tempo a portare all'aeroporto Marina e quindi avevamo fatto il primo pezzo, il più interessante. Poi stamattina, all'alba, il suo collega lo ha rassicurato sul fatto che il rimanente pezzo di circuito poteva essere tranquillamente fatto in un ora e mezza. Quindi ci ha portato nel punto di partenza e ci ha dato appuntamento un'ora e mezza più tardi. La cosa bella è che dice chiaramente: 'nice and easy, no need to run'. E allora via, l'allegra brigata di ventuno persone, inglesi, tedeschi, francesi, italiani, cinesi, a zompettare attorno al pietrozzo. Subito si forma il gruppo di testa di inglesi e tedeschi che, timorosi di arrivare in ritardo, procedono
a passo spedito. Poi, ad alternarsi in seconda posizione, i tre italiani (io, Silvia e Marina, che è mezza tedesca) e due inglesi e una olandese. In coda, come sempre era avvenuto fino allora, i quattro compari cicimbalini. Si cammina e si cammina e il tempo passa. Noi lasciamo correre avanti il gruppo di testa, consci del fatto che ce l'avremmo fatta. Poi ci troviamo con dieci minuti di anticipo nel punto che pensavamo essere il punto di raccolta. Ma la nostra guida non c'è. Né il pulmino. Né il gruppo di testa. Dubbi, angosce, ambasce e perplessità ci affliggono per un paio di minuti. Guardiamo la mappa e ci rendiamo conto che il prossimo stop sarebbe stato fra quattro km. Guardiamo l'orologio e ci rendiamo conto che coprirli in cinque minuti sarebbe stata una storia buona per una leggenda aborigena. Roba da 'op op, gadget elicottero'. Marina era quella più preoccupata, visto che l'aereo lo doveva prendere lei. Io ero ugualmente preoccupato perché Tom aveva esplicitato che in caso di ritardo ce la saremo dovuta sbrigare da soli. Il che significava centocinquanta dollari a cranio. Cominciamo a camminare velocemente. Ad un certo punto mi giro e vedo il 'gruppo di testa'. Ma come? Ci facciamo raggiungere e ci dicono che il punto di ritrovo era effettivamente quello più avanti, ma era impossibile farlo in un'ora e mezza. Che festa! Marina comincia
a correre. Noi decidiamo di proseguire a passo normale. Poi, a trecento metri dall'arrivo, vediamo sfilare dalla strada asfaltata, ormai perfettamente visibile, il pulmino con dentro solo Tom e Marina.
Un boato di disapprovazione si leva dal gruppo. Dannazione. Ci sentivamo comunque sollevati del fatto che non eravamo gli unici ad aver scazzato. Arriviamo quindi al parcheggio e attendiamo pazientemente. Dei quattro cinesetti e degli altri tre nessuna traccia. Poi, dopo quarantacinque minuti di attesa vediamo arrivare come un miraggio il nostro amico Tom. Ci spiega che Marina ha perso l'aereo ma che è rimasta in aeroporto in attesa del prossimo. Quindi partiamo alla ricerca degli altri sette. Dopo un quindici minuti li troviamo. 

Morale della favola: dobbiamo fare le corse per riuscire ad essere ad Alice alle 16.20
perché quattro persone hanno un aereo da prendere. Ora sono le 15.44 e mancano circa quarantacinque km. Corri Tom!



ps: alla fine siamo arrivati alle 16.17.

Dormire sotto la Croce Del Sud…

Mi porto avanti a scrivere. Sono sull'autobus di ritorno da Uluru, la
roccia più grande al mondo nonché l'ottavo punto più fotografato al
mondo. Siamo tutti stanchi, sporchi, provati da due giorni e mezzo di
rock and roll e sbombardamento allo stato puro e dal fuori programma
che c'è stato stamattina.
Ma felici.
Ecco, magari la Marina che ha perso l'aereo per colpa di questo fuori
programma è un pò meno contenta. Ci dispiace veramente non averla
salutata degnamente. Sei veramente una tipa okay! Marina, zio
fantastronzo...Prima la bussola, poi l'opale e quindi l'aereo...un
abbraccio di incoraggiamento per la sportività con cui avrai
sicuramente preso 'sto imprevisto. Anche i miei jeans reclamano
attenzioni e non devono essere molto contenti.
Ma veniamo al tour. È stato tutto molto bello. Non mi aspettavo tutto
questo rock and roll! Fermarsi nel bush a raccogliere legna per il
fuoco, campeggiare nel fottuto nulla, mangiare attorno al fuoco su
piatti che l'igiene l'hanno vista l'ultima volta in fabbrica, dormire
sotto una stellata che non ci sono parole per descriverla, imparare a
trovare il sud con le stelle, patire il freddo su un sacco a pelo
concepito per 15 gradi mentre fuori ce ne sono 5, andare in bagno e
trovare il ragnazzo dietro la porta...incredibile! La guida, al secolo
Tom, è votato per questo lavoro e lo svolge con dannata abnegazione.
E, zio stronzo, è un lavoraccio! Siamo stati fortunati a beccarci lui
come guida.
Evito veramente di descrivere cosa ho visto...scriverei cose
insignificanti...ho fatto tantemila foto...non credo possano
trasferire emozioni ma dovrebbero dare un'idea di cosa si può provare
di fronte a tanta 'granditudine'.
Quello che le foto nascondono è la blasfemia che l'uomo bianco e il
turismo 'fine a se stesso' stanno operando ai danni di questi siti
sacri alle popolazioni aborigene. Letteralmente, e purtroppo non solo,
è come se qualcuno usasse una chiesa cattolica o una moschea musulmana come un wc...
Quello che 'stona' in tutto questo è che quando acquisisci la
consapevolezza del significato di questi siti per le popolazioni
aborigene sei già in fallo. E ti senti dispiaciuto perché ti rendi
conto che non dovresti essere là...ho un'analogia in mente per
spiegare la cosa ma ho paura di banalizzare troppo.

giovedì 6 maggio 2010

Fiji

Eccomi qua nella terrazza dello Smugglers Cove a scrivere di questa vacanza alle Fiji nell'attesa di prendere il taxi per l'aeroporto. Ma partiamo dall'inizio.
Decolliamo da Sydney e personalmente esperimento il volo più desiderabile che uno potrebbe chiedere. Tre ore e venticinque a bordo di un aereo modernissimo. Ci siam guardati Hangover, film che fa sbregare dal ridere, ho giocato a poker...insomma, neanche mi son
accorto che ero a 10000 m.
Arriviamo a Nadi, capitale delle Fiji, e affrontiamo da subito la calura fijiana. La navetta dell'ostello ci porta all'ostello dove avevo prenotato e subito ci rendiamo conto che le Fiji sono parecchio montuose e verdi. La camera è pulita e il ristorante è eccellente e
tutto sommato economico. Nei giorni seguenti sarà il nostro sogno ricorrente...
Bene, arriva mattina e alle 6.30 siamo già pronti a colazionare e a partire alla volta del porto. Quattro ore di navigazione verso l'isola Matacawalevu, nel gruppo delle Yasawa Islands.
Il resort in cui soggiorneremo è un resort per backpackers condotto dai fijiani che vivono in uno dei due villaggi dell'isola. Dimenticatevi quindi i costosissimi resorts a cui a cui siete abituati a pensare parlando di Fiji. Solo rock and roll allo stato puro.
Insomma, alle 12.20 circa sbarchiamo nell'isola e siamo accolti da localz che cantano accompagnati da una chitarra. Veniamo portati nel nostro bure (bungalow) e ci invitano ad andare a pranzare. Quindi, affamati, andiamo. Mangiamo con la coppia di svizzeri che è sbarcata con noi. Ci portano quindi un piatto di spaghetti freddi con sugo di pomodoro, mais e qualcos'altro non ben definito. Finito di deglutire la pietanza, aspettiamo pazientemente il secondo. Secondo che non arriverà mai, come ci confermerà la coppia di svizzeri. Come non c'è il secondo...ho fame io. Sono ancora nell'età della crescita, devo mangiare! Zio can. In crisi ipoglicemica ci avviamo verso la bure camminando molto piano per risparmiare energie.

Se questa è la quantità di cibo media, le scorte di grasso finiranno molto presto!
Ora capisco perché e fijiani hanno questo andazzo e professano la 'religione' del 'take your time', 'not too fast', 'Fiji time'...zio can, non mangiano un cazzo. Però sono tutti belli grassottelli...uhm...
La spiaggia di fronte al resort è molto lunga ma il mare non è quello delle fotografie...c'è bassa marea e sinceramente sembra di essere a Sottomarina. Un po' depressi e con l'ipoglicemia galoppante facciamo una passeggiata lungo la spiaggia. Il tutto sempre molto lentamente.
Passiamo di fronte a un villaggio dove la poca vita che vediamo sembra scorrere molto pigramente. Non è mica stressata 'sta gente qua! Vivono con molto poco e si accontentano. Alle sei di sera buttano un paio di lenze e se beccano il pesciotto, bene, altrimenti amen. Zio can! Fiji time!
L'acqua è bassa per centinaia di metri e calda come il brodo che fa mia nonna Angela.

Dopo aver passato il pomeriggio a prendere il sole ed essenzialmente a non fare una benemerita fava, ci prepariamo per la cena: doccia fredda (fredda!) con acqua desalinizzata (quindi salata) e via alla capanna di lamiere che funge da ristorante, bar, reception, cucina e deposito bagagli.
Il piatto che arriva sembra anche invitante: riso bianco, carne a mo' di spezzatino e un po' di verdure saltate.
Assaggio la carne…"che strana", penso…non ha nessun sapore conosciuto alla mia bocca. Chiediamo ai compari svizzeri e alle due ragazzotte inglesi se sanno di cosa si tratta e rispondono che, a detta del cuoco, è pollo.
Un pollo a cui hanno dato da mangiare cose strane, penso io. Oppure morto di cattiveria. Ma soprattutto…un pollo minuscolo vista la grandezza delle ossa.
La Silvia va in crisi. "Oddio, questo è topo…io non lo mangio…sà di fegato!".
"Ma va làààà"- dico io - "questa è un isola! Non ci sono topi nelle isole!".
Non passano due minuti che vedo un ratto camminare su una traversa di legno della baracca. Zio fantastronzo!
Ma la fame è veramente troppa, quindi mi pappo la mia carne e quella della Silvia. Che fosse stato cane, gatto o topo, era fottutamente commestibile. Ci sono tabù che è ora che cadino. 
Rock and roll!
Non ci sono attività la sera quindi parliamo un po' con gli svizzeri e poi andiamo a letto. Ore nove, per la cronaca. Il sole è tramontato da tre ore e mezza.
La mattina ci si sveglia presto, causa raggi di sole che fanno capolino tra le tende.
Usciamo dal bure e ammiriamo finalmente il mare da cartolina che aspettavamo a pochi metri da noi. Alta marea.
La colazione è soddisfacente e abbondante: la speranza di un futuro migliore si ravviva.
Le giornate passano alla stessa maniera:
breakfast, prendere il sole, sguazzare sull'acqua, prendere il sole, cazzeggiare, pranzo, prendere il sole, sguazzare, prendere il sole, cena, letto.
Abbiamo poi fatto visita alla Blu Lagoon, l'isola dove hanno girato l'omonimo film e un giorno abbiamo noleggiato il kajak (tanto perché avevamo energie da sprecare!!!!).
A parte il primo giorno e il pranzo della domenica, dove hanno messo su la pasta la mattina alle otto e l'hanno scolata tornati da messa alle undici e trenta, con il cibo si è andati meglio (come qualità). Io poi mi salvavo in corner perché la Silvia avanzava sempre qualcosa.
Ed è per questo che il ristorante dello Smugglers è stato il nostro sogno ricorrente.
Però abbiamo passato dei bei giorni. 
Vivere un esperienza alle Fiji senza le comodità a cui si è abituati (per esempio elettricità solo dalle 18 alle 22.30) fa apparire tutto più autentico, più vissuto, più "raccontabile".
Un resort extralusso avrebbe fatto sembrare il soggiorno troppo simile al soggiorno che abbiamo fatto a Cuba. Non che disprezzo le comodità, per carità.
E' solo che, a pensare bene, andare in un resort cinque stelle a Cuba avrebbe lo stesso effetto di un resort cinque stelle alle Fiji. Non cambia granché.
Vabbè…passiamo ad altro.
Abbiamo conosciuto una coppia molto simpatica di austriaci con cui abbiamo legato di più e con cui ci siamo ripromessi di rivederci nelle rispettive dimore una volta tornati in Europa.
Anche loro come gli svizzeri erano in giro per il mondo da quattro-cinque mesi (sud-est asiatico, australia, fiji, USA…zio stronzo) perché l'azienda dove lavoravano stava fondamentalmente andando a puttane e aveva data l'opportunità di sfruttare un periodo di aspettativa (però con paga minima) fino a che le cose non avessero girato in meglio.
Va proprio a gonfie vele l'economia da quelle parti, ahn?!?!?!
Comunque 'sti qua hanno preso l'occasione e sono partiti per un world trip. Chiamali stupidi!
Bella lì, oh ragazzo austriaco dal nome impronunciabile…ci vediamo a Venezia o a Vienna!
Stasera torniamo a Sydney e domattina ripartiamo alla volta di Alice Springs. Da Alice Springs poi andremo direttamente a Melbourne per la Great Ocean Road.
Il prossimo post alla fine della settimana prossima.
Bula! (ciao in Fijano)

mercoledì 5 maggio 2010

Melbourne - parte finale

Con un pò di ritardo posto l'ultimo post di Melbourne.
"Ok, ormai è finita l'avventura nel Victoria in solitaria. Giorni intensi. Anche quando si è trattato di poltrire al Royal Botanic Gardens.
Finalmente posso dire di aver utilizzato la Lonely Planet! Ho seguito percorsi, mete consigliate etc etc e posso dire che quei bravi ragazzotti sanno quello che scrivono.
Con un unico appunto: si può proporre un percorso cittadino che non
includa AC/DC Lane? La cosa più sconvolgente è che il percorso che loro propongono la sfiora. La cosa ha dell'incredibile e sto meditando di fare una "lodge di complain" alla Lonely Planet. Ma veniamo ai fatti...
Melbourne è pheega. L'ho trovata un pò più a misura di uomo ("più umana, più vera" continuerebbe il mio Musico di Fiducia) di Sydney.
Ho appezzato la rete tranviaria che si ramifica anche nei sobborghi fuori dal CBD.
Il CBD è un pò più piccolo rispetto a quello di Sydney ma è un pò più ordinato e un pò più caratteristico. Almeno così mi è sembrato. La cosa che mi è balzata all'occhio di Melbourne è che lì è amplificata la mancanza di fantasia che gli australiani hanno per quanto riguarda
la nomenclatura delle strade (si dice così? Vabbè, ci siamo intesi...) e dei suburbs. Lì ho trovato molti nomi già visti a Sydney (Carlton, Richmond, Burwood...) ma la cosa forte è la seguente: il CBD di Melbourne è un rettangolo con le strade che lo tagliano a graticolato romano; bene, chiamata Bourke St una strada principale, la sua parallela secondaria
si chiamerà Little Bourke St. Bah…La cosa avrà sicuramente i suoi lati positivi...un'altra cosa che differenzia Melbourne rispetto a tutte le altre città del mondo è il modo in cui fanno svoltare a destra i poveri automobilisti fermi al semaforo. Cercherò di essere il più
chiaro possibile perché io, finché non l'ho visto, non ho capito il principio di funzionamento. Allora, ricordiamoci che lì la guida è all'inglese quindi, chi deve svoltare a destra in un
incrocio deve dare la precedenza a quelli che procedono in senso contrario (come noi dobbiamo fare per svoltare a sinistra). Bene, mettiamoci ora nei panni di Armando, ipotetico
automobilista, e attendiamo che il semaforo diventi verde. Armando deve girare a destra, quindi mette la freccia a destra. Ora scatta il verde e Armando è il primo a partire. Cosa fa Armando? Armando ingrana la prima e comincia ad andare avanti posizionandosi sul lato sinistro dell'incrocio. In questo modo lascia sfilare le macchine che aveva dietro che devono
proseguire diritto. Quando il semaforo diventa finalmente rosso, arriva il momento di Armando! Ebbene sì, quando il semaforo diventa rosso, coloro che si sono messi a lato in attesa di svoltare possono finalmente completare la svolta. Questa modalità di svolta a destra
c'è solo nel CBD di Melbourne (e neanche in tutti gli incroci) e si chiama hook turn. La cosa ha dell'assurdo ma sembra funzionare.
Cose da registrare: Federation Square è parecchio bella. In generale a Melbourne l'arte ha una presenza più marcata rispetto a Sydney. Sono perfino andato al National Gallery of Victoria dov'erano esposte tele di Picasso, Modigliani, Manet, Monet e altri così famosi che non me li ricordo. Ecco, vedete? Non sono un appassionato d'arte ma qui è
impossibile incapparci.
Se possibile, Melbourne ha ancora più verde di Sydney.
Lygon St è italiana. Mi ha fatto capottare dal ridere il cartello fuori da un negozietto che recitava:"non preoccupatevi se non parlate l'italiano. Parliamo un buon inglese stentato" (la traduzione non rende come l'originale…).
Chapel St di Prahran è tale e quale a King St di Newtown a Sydney. Il Got può dire quello che vuole ma St Kilda non ha niente a che fare, visivamente, con Newtown (tant'è che quando gli ho mostrato le foto di Chapel St ha detto:"questa è St Kilda").
Toorak, come ha scritto il Marco da Melbourne, è il quartiere dei ricconi.
Per finire, non poteva mancare l'angolo del cibo: vicino a Chinatown ho consumato quella che passerà alla storia come la più gigante beef noodle soup dell'emisfero sud per la modica cifra di 8.50 $. Seriously...una terrina, di quelle che mio nonno usa per l'insalata,
ricolma di noodle fatti a mano, straccetti di manzo (beef), verdure e brodo. Che festa il cibo cinese (che in Italia non c'è, temo...)."